Alcimo di Messina
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Grande storico Alcimo, messinese colto e ben noto, ma la datazione della sua vita (spesa nel V o IV sec.a.C.) non è certa. Ci ha lasciato opere intitolate Sicilia, Italica e la Ad Aminta di soggetto filosofico. Chi era questo Aminta? Pare fosse un filosofo matematico di Eraclea, allievo di Platone, vissuto nel V secolo; oppure un altro filosofo vissuto nel IV secolo: ma sono tutte teorie basate su deduzioni logiche, non si hanno a tutt'oggi altre fonti chiarificatrici.

L'autore di Italica trattò la storia di Roma riferendo della leggenda di Romolo e Remo, della loro mitica nascita grazie alle cure di una lupa dopo il loro abbandono dopo la nascita: in questo il misterioso autore fu il primo storico a riferirlo. Il trattato dedicato ad Aminta era composto di 4 libri, ed abbiamo detto è di carattere matematico-filosofico, incentrato sulla supposizione che Epicarmo avesse con le sue enunciazioni influenzato il pensiero platonico nella elaborazione della teoria detta delle Idee.
Alcimo su Epicarmo.

"Dicono i sapienti che l'anima alcune cose senta per mezzo del corpo in quanto sente e in quanto vede, altre da se stessa discerne, per nulla servendosi del corpo: perciò le cose che sono si distinguono in sensibili ed intelligibili. Onde anche Platone diceva che quanti desiderano comprendere i principi del tutto devono prima discernere le idee per se stesse, come uguaglianza, unità, molteplicità, grandezza, stasi, movimento; in secondo luogo devono stabilire per se stesso il bello, il buono, il giusto e simili; in terzo luogo devono intendere quante delle idee sono relative ad altre idee, come scienza o grandezza o signoria (considerando che le nostre cose sono omonime delle idee per il fatto che ne partecipano: dico che sono giuste le cose che partecipano del giusto, belle le cose che partecipano del bello). E ciascuna delle idee è eterna, è una nozione, inoltre è imperturbabilità. Perciò dice pure che nella natura le idee stanno come archetipi e le cose del nostro mondo in quanto loro copie sono simili alle idee". (Diogene Laerzio, III, 12, 13; a cura di M.Gigante, Laterza, 1976).

Fortunatamente anche di lui Ateneo si ricorda, tra una 'portata' e l'altra alla sua tavola circondata da tanti ingegni.

"Alcimus, nuovamente, conferma nella sua Storia di Sicilia che l'ideatore di bazzecole simili a quelle attribuite a Salpa, nacque a Messene, situata di fronte l'isola di Botrys" (322; a, op.cit.).

Sarebbe bene per comprendere meglio il senso di tale frammento, leggere alla fine di questa la scheda di Ninfodoro. Nel mondo ellenico la fama delle donne d'Italia comprendeva anche la nomea che esse fossero astemie. E c'era anche un motivo storico-mitologico che lo giustificava; ne parla Alcimo:

"Alcimo Sikeliotos in quello dei suoi volumi che è intitolato Italiko asserisce che tutte le donne in Italia si astengono dal bere vino per il seguente motivo: 'Nel tempo in cui Eracle si trovava nella regione di Crotone si avvicinò ad una casa che era sul suo cammino; era assetato, e si fece avanti per chiedere un sorso per soccorso. Ora era avvenuto che, la moglie del padrone di casa aveva segretamente aperto un barile di vino, così ammonì il marito che sarebbe stata cosa strana se egli lo avesse violato solo per uno straniero; gli disse così di prendere dell'acqua. Eracles, sulla soglia di casa, assistette alla conversazione e (sperando che il padrone di casa non obbedisse alla moglie; n.d.A.) lodò il marito, e gli chiese poscia di andare a dare una occhiata al barile. L'uomo entrò dentro (la cantina; n.d.A.) e vide che il barile s'era tramutato in pietra. Ciò rimase emblematico sino ai nostri giorni tra le donne di quella regione, che il dissetarsi col vino apporta disgrazie per il motivo appena detto'". (441; a, b; op.cit.).

I misteriosi nostri connazionali, gli Etruschi, vedono qui squarciato un poco il buio che circonda le loro usanze, la loro vita quotidiana:

"Anche, e persino tra gli Etruschi, molti negozi vengono avviati e si ingegnano degli artigiani per tali commerci; similmente ai nostri barbieri. 'Quando si entra in tali negozi, essi si offrono con sincera disponibilit- ponendo da parte la modestia, di fronte agli astanti. Tale usanza vige anche tra molti Greci d'Italia; essi appresero ciò dai Sanniti e dai Messeni. Nel loro lusso, gli Etruschi, come narra Alcimo, impastavano pane, praticavano la lotta, e accompagnavano coi flauti le flagellazioni. Le tavole dei Siciliani, inoltre, sono famose per il loro lusso; essi dicono che persino il mare delle loro coste è dolce, ciò perché molti godono del cibo che da esso vien prelevato; così afferma Clearco nel quinto libro delle sue Vite". (518; b, c).

 

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