E' un altro dei letterati siciliani dei quali non si hanno elementi certi
per stabilire in quale periodo visse. Si può asserire che amò viaggiare e descrivere
quanto notato in opere intitolabili Periplo dell'Asia, e Sicilia; oltre
ad una paradossografia sui luoghi più attraenti dell'isola. Ateneo riferisce di un suo
resoconto di viaggio: Navigazioni (331, e, f,). Dei lavori di Ninfodoro ci sono
pervenuti frammenti dei lavori e delle citazioni di altri autori classici, come Ateneo; in questo caso l'argomento è la schiavitù, il
protagonista Drimaco:
"Ninfodoro di Siracusa (...) riferisce il seguente racconto su di loro nel suo
Periplo dell'Asia: gli schiavi dei Chiansi fuggirono dai padroni e si adunarono in gran
numero sulle montagne (poiché l'isola è aspra e boschiva), danneggiando le case di
campagna dei loro proprietari. Poco tempo prima del nostro, vi fu uno schiavo - così
raccontano il fatto gli stessi Chiansi - che fuggì andando a vivere sui monti. Da tipo in
gamba qual'era, ed ottimo guerriero, divenne duce d'altri fuggiaschi, gestendoli come un
re usa un esercito. Molte spedizioni fecero contro lui i Chiansi, ma riuscirono a ben
poco. Quando poi Drimaco (questo era il nome del fuggitivo) vide che essi non facevano
altro che morire inutilmente, disse loro: 'Chiansi, e nostri padroni, l'affanno che avete
dai vostri schiavi mai finirà. E perchè poi dovrebbe, quando un oracolo lo conferma per
volere divino? Comunque, se voi mi accorderete un trattato, e ci consentirete di vivere in
pace e senza problemi, io vi darò gran beni'.
Così i Chiansi stilarono un trattato, ed un armistizio provvisorio con lui, che escogitò
misure, pesi, ed uno speciale sigillo. Mostrandolo ai Chiansi, disse: 'Qualunque cosa io
possa prendere ad ognuno di voi, lo farò in base a questi pesi ed a queste misure; e dopo
preso quanto richiesto, io sigillerò i vostri magazzini lasciandoli intatti. Coloro tra i
vostri schiavi che fuggirono io li interrogherò per capirne le ragioni; se giudicherò le
loro motivazioni sufficienti a giustificarne la fuga, li terrò con me, altrimenti se non
sapranno darmi una giustificazione, li rimanderò dai loro padroni'. Per ciò, gli altri
schiavi, vedendo come i Chiansi accettassero questa clausola, furono molto meno inclini a
fuggire, temendo il suo interrogatorio; e coloro che già s'erano dati alla macchia, lo
temevano ancor più dei loro padroni, obbedendogli come si farebbe ad un ufficiale
militare. Ciò a causa che egli non solo puniva i disobbedienti, ma anche perché egli non
avrebbe permesso a nessuno di saccheggiare un campo, come di arrecar un qualsiasi danno
senza il suo consenso. Nei giorni di festa egli era solito fare delle incursioni nei
campi, ritornando con vino ma senza recar danni, portando con sé solo ciò che
volontariamente i proprietari gli davano. Se scopriva che qualcuno tramava contro di lui,
o predisponeva un tranello, si vendicava.
Avvenne che lo Stato promise un grosso premio all'uomo che gli avesse condotto vivo, od
anche la sola testa del ribelle. Così, quando Drimacus invecchiò, egli a parte convocò
il suo giovane preferito, dicendogli: 'Ti ho voluto bene molto più che a chiunque altro
al mondo; tu, ragazzo, sei il mio preferito e tutto ciò che ho al mondo. Io ho vissuto a
lungo, mentre tu sei giovane e nel fior degli anni. Cosa rimane da fare? Tu devi diventare
un bravo, ricco e colto uomo. Sin oggi lo Stato di chios offre una grossa somma di denaro
all'uomo che mi ucciderà, promettendogli la libertà, così a te tocca di tagliare il mio
capo, e recarlo a Chios: avrai il denaro e potrai vivere nel benessere'.
Il giovinetto si persuase dopo altre insistenze, e per aver staccato la testa di Drimaco
ricevette dai Chiansi il premio promesso; e dopo aver bruciato il corpo dell'amico,
ritornò al proprio paese. Ed ancora i Chiansi ebbero a subire sofferenze dalle mani dei
loro schiavi, e ritrovandosi di nuovo saccheggiati ripensarono alla saviezza dell'ormai
morto fuggiasco, e edificarono un altare nel suo paese, dedicandolo all'Eroe Benevolente.
Ed in suo onore, e sino ai nostri giorni, gli schiavi fuggiti offrono le primizie di campo
dei loro furti.
Si narra pure che egli appaia in sogno a molti Chiansi, riferendo loro di trame che gli
schiavi preparano; e coloro ai quali appare si recano nel luogo dove edificato è stato il
santuario, recando offerte'. Questa, quindi è, la storia narrata da Ninfodoro".
(265; d, e, f; 266; a, b, c, d, a; op. cit.).
Che dire a quanti, tra sé e sé, riescono con l'aiuto di un animo accondiscendente a
giustificare il proprio atteggiarsi violento e prevaricante? Si nasce, comunque, uomini
veri. Viene in mente una frase, famosa, dell'allievo di Martin Luther King, il reverendo
Jackson: "Non sei responsabile della situazione in cui ti trovi, ma sei responsabile
se vi rimani". Ritornando a cose più liete, ecco altri frammenti su Ninfodoro.
"Però Ninfodoro di Siracusa nel suo Periplo asiatico
asserisce che Salpa, l'autore di Bazzecole, era una donna di Lesbo". (322; a) Si
parla di Mnaseas di Colofone, che Ninfodoro ritiene una donna con tal nome. Il discorso
che si tiene alla tavola di Ateneo riguarda un pesce: il salpa, un pesce dell'ordine dei
perciformi, dorato, striato. Di essi si dice, che per riguardo allo stomaco "mangiano
sempre erba di mare coi loro denti". Così dicono i pescatori che per tal motivo lo
hanno sopranominato "bue". Ebbe invece sopranome Salpa lo scrittore Mnaseas, di
Locri o di Colofone, autore del Bazzecole (Paignia).
"Ninfodoro di Siracusa, nel suo Navigazioni, afferma che nel fiume
Eloro vi sono persici e grosse anguille così mansueti che potrebbero prendere del pane
dalle mani delle persone che glielo offrissero. (...) Semos nel suo sesto libro della
Storia di Delo, dice:
'Quando gli Ateniesi compivano sacrifici a Delo, l'incaricato prelevava dell'acqua
lustrale recandola loro; ma nel contenitore sorretto dalle loro mani, che egli riempiva,
si riversava tanto pesce che acqua. Gli indovini di Delo, poscia, annunciavano agli
Ateniesi che loro sarebbe stato il dominio dei mari'". (Ateneo, 331, e ,f; op.
cit.).
E in tema di donne, grazie alle sue escursioni, "Ninfodoro nel suo Periplo
dell'Asia asserisce che le donne più belle di qualsiasi altre ovunque, si trovano a
Tenedo, l'isola vicino Troia". (609; e).
Ateneo riferisce di un corcorso di bellezza istituito da Cipselo dopo aver fondato un
centro abitato nei pressi del fiume Alfeio; lì dedicò un altare a Demetra di Eleusi, e per la festa della dea si disputava (e si svolge almeno
sino al tempo in cui Ateneo vive) la gara. La prima edizione fu vinta dalla moglie del
fondatore - ovviamente, si pensa noi subito - Erodice. Le donne partecipanti all'agone del
fascino venivano dette 'Crisofore'. Ma è più sorprendente, visto il nostro crederci solo
oggi moderni sapere di un corcorso di bellezza riservato agli uomini che si teneva in
Eleios: il premio consisteva in armi ed in una corona di mirto. Teofrasto riferisce pure
di gare per donne con tema la conduzione familiare, con prove di saggezza domestica.
Un altro frammento ci riporta al precedente tema, delle magagne umane che non hanno
risparmiato la vita di nessuno, da che la terra gira con noi sopra.
"Ninfodoro di Siracusa, ne' Le meraviglie di Sicilia dice che
Laide venne da Hyccara, un avamposto siciliano". (Si
tratta della odierna Carini in provincia di Palermo, fondata dai Sicani ed occupata dagli
Ateniesi nel 415 a.C.; la sua intera popolazione venne fatta prigioniera, compresa la
bellissima etera Laide; Ateneo; 588, f).
Su questa frase c'è molto da dire, cose che un giorno sarebbe stato pettegolezzo, ma
che oggi è storia, e conoscere la storia (non artefatta) può far del bene se si ricorda
che ogni uomo è spesso identico ad un altro pur se vissuto a distanza di millenni. Se si
ignorano i grandi avvenimenti storici, la vita di tutti rimane edificata da comunissimi
momenti, in cui, con costanza, occorre mostrarsi degni del generale sforzo verso la vita
compiuto da ogni minuto o invisibile essere vivente; esiste l'onore in vite famose o
dimenticate che hanno saputo scernere, tra la universale confusione delle percezioni, ciò
che arreca vita, e che come l'amore ha le sue attrattive, da ciò che la danneggia. Non è
mai esistita, invece, l'Età dell'oro.
"Lì quindi c'era Laide da Hyccara (è questa una città siciliana, dalla
quale essa venne presa come prigioniera e condotta a Corinto, come riportò Polemone nel
VI libro della sua Replica a Timeo; lei divenne l'amante di Aristippo, dell'oratore
Demostene, e di Diogene il Cinico; ad essa l'Afrodite di Corinto,
detta Melaenis (dea dell'oscurità; n.d.A.) sarebbe apparsa di notte, rivelandole l'arrivo
dei ricchi amanti; non è forse vero che Iperide la cita nel secondo Discorso contro
Aristagora?". (588, c).
"Aristippo trascorreva due mesi l'anno in compagnia di Laide in Aegina (è isola
dell'Egeo; n.d.A.) durante i festeggiamenti a Poseidone e venne rimproverato da Iceta pel motivo che egli dice: 'Tu le dai così tanto denaro, mentre
lei si strofina gratis con Diogene il Cinico; ed egli rispose: 'Io dò a Laide molti doni
per godere di lei, non per prevenire che un altro faccia lo stesso'.
Il giorno che Diogene disse: 'Aristippo, tu dovresti essere un Cinico come me, o
rinunciare a lei del tutto', così gli rispose Aristippo: 'Pensi sia fuorviante vivere in
una casa dove altri uomini hanno già vissuto?'. 'Assolutamente no' fu la replica. 'E che
ne penseresti di viaggiare per mare con una nave colla quale altri hanno navigato?'
'Neppure ciò è sbagliato', rispose. 'Questo è il nostro caso, quindi non è fuori luogo
convivere con una donna della quale in molti hanno goduto'". (588; e, f;).
Come si vede il pezzo di carne che può arrecare maggior danno all'esistenza umana,
sorprendentemente, è la lingua. Essa può sfare e disfare la tela in ogni senso, ed
impedirci di trarre conclusioni sicure dalle esperienze diverse che tendono ad indirizzare
la vita. E' il silenzio che può maggiormente aiutare; in caso di frastuono troppi
consigli o troppe ingerenze affossano l'animo maggiormente. Ci viene in mente adesso
l'ultima battuta del film del maestro Federico Fellini, La voce della luna: 'Forse, se
facessimo tutti un po' più di silenzio qualche cosa potremmo capire'.
L'antico mestiere si lega ancora al nome del nostro col seguente, altro frammento:
"Ancora, la cortigiana da Eresus che portava lo stesso nome della poetessa
Saffo, divenne famosa per amato il bellissimo Faone, concordando con Ninfodoro nel suo
Periplo dell'Asia". (596; e).
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