Non è solo Archestrato ad essersi dedicato all'arte
culinaria in quel tempo, due autori omonimi sono ricordati, gli Eraclide, entrambi di
Siracusa; ne parla ancora Ateneo (58, b), e possiamo supporli
vissuti nel IV secolo:
"Epeneto ed Eraclide di Siracusa in 'Arte culinaria'
affermano che le uova di pavone eccellono sulle altre; seguono per qualità quelle d'oca;
essi valutano le uova di gallina terze".
"La 'chalkidos' oltre ciò è diversa dalla chalkeus (aringa; n.d.A.), ricordata da
Eraclide (Erakleidos) nella sua Arte culinaria e da Eutidemo nel suo libro Sulle carni
salate". (328; d).
Ed ancora una citazione dell'egiziano, relativo al significato della parola Mylloi:
"Eracleide (Erakleidos) di Siracusa nella sua opera Sulle istituzioni ( perì
Thesmon), dice che in Siracusa per il Giorno della Consumazione
(Pasteleìos Thesmophorìon) in occasione delle Thesmophoria venivavo impastati dolci
di sesamo e miele, con forma di vulva, e denominati in tutta la Sicilia mylloi, e mostrati
in onore delle dee (Demetra e Persefone; n.d.A.). (647; a).
Segnaliamo per concludere l'autore del lavoro L'oste, indicato da Ateneo col
nome di Erakleitos (Libro X; 414, d). E l'autore di un testo sulla cucina
siciliana: Mithaecus. Ateneo dice:
"Codesto Thearion è il panettiere menzionato da Platone
nel Gorgia, che concorda con Mithaecus in tal modo: 'Quando ti domandai
quali uomini hanno fatto, o fanno, del buono per mantenere sano il corpo umano, tu mi
rispondesti con estrema serietà: Thearion il panettiere, Mithaecus che
scrisse il trattato sulla cucina siciliana, e Sarambus il mercante di
vini. Ciò perché essi stessi hanno dato prova di aver cura del corpo sfornando, il
primo, del pane meraviglioso; il secondo per la deliziosa carne ed il terzo con l'aver
fornito vino'". (112; e).
"Esiste anche un gioco denominato 'dentro la coppa', nel quale i giovani
sconfitti tendono le loro mani per ricevere le ginocchia dei ragazzi vittoriosi, e
(sollevandoli; n.d.A.) li portano intorno". Diodoro, similmente, in Glosse
Italiche, ed Heracleitus (o Heracleides; n.d.A.), concordando con Pamphilus,
riferisce che il kotylé è denominato pure hemina; Diodoro cita i versi
di Epicarmo: 'E per bere doppiamente più tiepida acqua,
due heminai (adopera; n.d.A.)'. E pur Sofrone ripete: 'Getta
via l'hemina, figliolo, e cin-cin!'. (479; a).
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