Il filosofo di Sfetto si formò alla scuola di Socrate;
dei dialoghi a lui in passato attribuiti solo sette parrebbero da lui effettivamente
composti: Milziade, Callia, Assioco, Aspasia, Alcibiade, Telauge, Rinone. Fu tra
i discepoli socratici tra quelli che più fedelmente indirizzarono il loro pensiero alla
dottrina del maestro. Di lui parla Diogene Laerzio così:
"Dicono anche che (Platone; n.d.A.) fu geloso di Eschine, perché godeva buona
reputazione presso Dionisio. Quando Eschine giunse spinto dall'indigenza
alla corte del tiranno, dicono che fu negletto da Platone, ma fu
aiutato da Aristippo. Idomeneo sostiene che i discorsi
che Platone attribuisce nel carcere a Critone che vuol persuadere Socrate
alla fuga sono di Eschine, ma Platone li attribuì a Critone per malevolenza verso
Eschine". (Vite dei filosofi; III, 36; op. cit.).
Ed ancora ci affidiamo allo studioso del III secolo d.C. per altro:
"Eschine, figlio di Carino, il salsicciaio, secondo altri di Lisania,
fu Ateniese. Sin dalla giovine età fu pieno di zelo. E per questo non si allontanò mai
da Socrate, il quale soleva dire: 'Solo il figlio del salsicciaio ci sa onorare'. (...) I
dialoghi di Eschine che sono improntati al carattere socratico sono sette: in primo luogo Milziade
(e appunto per questo è piuttosto debole), poi Callia, Assioco, Aspasia,
Alcibiade, Telauge, Rinone. Dicono che per bisogno venne in Sicilia da Dionisio e
che mentre fu negletto da Platone fu invece presentato a Dionisio da Aristippo e che
offrì alcuni dialoghi a Dionisio, dal quale ricevette doni.
Quando poi venne ad Atene non osava tenere scuola, ché allora fioriva la fama di Platone
e di Aristippo. Faceva bensì lezioni a pagamento e scriveva discorsi giudiziari per chi
fosse stato ingiustamente incolpato. A questo alludeva Timone dicendo:
'La forza pur persuasiva di Eschine'. Poiché era oppresso dalla povertà dicono che
Socrate gli abbia detto di prendere in prestito da lui e di diminuire gli alimenti. Anche
Aristippo sospettava della autenticità dei suoi dialoghi. Si racconta che mentre Eschine
teneva a Megara una lettura dei dialoghi, Aristippo l'abbia schernito con queste parole:
'Onde a te questi, o ladro!'. Policrito di Mende nel primo dei suoi
libri Su Dionisio afferma che Eschine visse assieme al tiranno sino alla sua
caduta e visse sino al ritorno di Dione a Siracusa, e che con lui era
anche il tragico Carcino. Si tramanda anche una epistola di Eschine a Dionisio. Era ben
esercitato nell'arte retorica, come risulta dalla difesa che egli fece del padre dello
stratego Feace e da quella di Dione. Imitò particolarmente Gorgia di Lentini. Lisia scrisse contro di lui un
discorso che intitolò Sicofantia, da cui risulta che fu anche oratore".
(Vite dei filosofi; II, 60, 63; op. cit.)
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